Riflessioni sugli exit poll. In attesa dei dati definitivi

22 settembre 2020

Fermo restando che secondo un vecchio detto popolare “i conti si fanno sulle scale”, una breve riflessione sulle ventilate ipotesi dei risultati elettorali comunali, va fatta. Immediatamente ci soccorre Tomasi di Lampedusa, ma non per la celeberrima filosofia del Gattopardo, che potrebbe pure essere evocata, quanto per il non meno noto aforisma, secondo il quale, “per comandare gli altri, è necessario saper ingannare se stessi”! E non v’è dubbio che questa necessità è stata molto presente in tutti i candidati a sindaco della Città. Consapevolmente o meno, questo lo giudicherà il lettore. Quale di essi, per carità tutte garbate persone, ha pensato di sottoporsi anticipatamente al giudizio dell’elettorato? Tutti avranno pensato di incontrare quel mondo della protesta che, di fatto, aleggiava in città. Autoingannandosi hanno ritenuto di avere i requisiti della popolarità, della capacità riconosciuta, in estrema sintesi, del consenso. E quel che è peggio lo hanno fatto armandosi e partendo, senza esercito. Magari ritenendo di averlo, per grazia ricevuta. Il risultato, se sarà confermato, è deprimente. Nessuna scelta chiara. Il tutto sotto l’egida di una Legge elettorale ignobile che non passa per il vaglio del popolo ed impedisce a chi ha i numeri, secondo la gente, di potersi cimentare nella tenzone, dopo aver avuto una investitura democratica invece che una imposizione, venuta da chi, di fatto, esercita il potere anche attraverso quei vassalli locali che hanno ancora nel DNA il gene del servilismo puro e che in cambio di un piatto di lenticchie, venderebbero anche l’onore. Ammesso ancora esista nella sua accezione civica. In tutto questo il popolo è disorientato. Non sceglie, ma avalla o meno le decisioni altrui. Spesso rivolgendo il suo consenso “al meno peggio”. Scagli la prima pietra chi non ha sentito durante questa campagna questa frase. Cosa vuol dire? Che si è presentato il peggio? Ma no! Tutt’altro. Il fatto è che si è andati avanti senza una scelta a monte, presentando programmi bellissimi nella forma e nel contenuto, ma privi di pragmatismo, senza cioè aver mai delineato le caratteristiche del soggetto che avrebbe saputo e dovuto attuare i buoni propositi di ciascuno. Il bello è che la gente continuava a invocare “ i programmi”, incalzando chi non aveva predisposto quel quasi ridicolo libro dei sogni che, anche i candidati alla presidenza del condominio ormai trovano, stereotipati, anche sul web! Ma la gente li invocava quasi a volerli usare come esimente per trovare la scusa per non dare il consenso al solito parente o compare di turno che andava, più o meno, a pietirlo. Quanti hanno votato convintamente? Quanti, con questo stramaledetto sistema elettorale, possono dire di averlo fatto o di poterlo fare? Fintantoché voteremo con queste regole non regole, le cose non potranno cambiare. Fino a quando il potere dei cosiddetti partiti, sotto le cui mentite spoglie, si nasconde il subdolo, non sarà svuotato dai mediatori di consensi, non potremo votare per chi vale davvero. E certamente fra i nove ve ne erano, ma non sono stati premiati da un voto, evidentemente polverizzato e pilotato dai vecchi, logori, e abbandonati altrove, sistemi clientelari. Adesso vedremo come andrà a finire. Si preannuncia un ballottaggio dove le variabili dipendenti saranno maggiori di quelle indipendenti. Dipendenti dal giudizio che si potrà dare sui due contendenti. Su che basi? Sul passato, sul futuro? Sulle qualità personali? Davvero molto difficile, perché il mestiere più arduo è quello di giudicare. Personalmente, credo che avrei potuto fare qualunque mestiere, da quello del calzolaio a quello che esercito, ma giammai avrei scelto quello di giudicare chicchessia. Ponzio Pilato? no! Persona libera, anche dalla possibilità di ingannare sé stesso! Certo, alla fine dovrò anche io scegliere e lo farò, liberamente, pensando alla mia Città che, con fatti, non con parole, ho servito con umiltà, che magari, non appare, ma c’è. Profonda.

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