Commovente!

20 dicembre 2006

Non abbiamo cancellato dal nostro vocabolario, né dal nostro modo di essere uno stato d’animo che, al di là di sesso, razza e religione, ci accomuna. Quel sentirsi un nodo alla gola, quell’ansia mista ad un tenue dolore quasi fisico, quell’inumidirsi degli occhi, spontaneo, intrattenibile che non può che dirsi commozione. La provano tutti. Belli o brutti. Ricchi o poveri. Ma anche i cattivi come i buoni. È una delle poche cose, uno dei pochi sentimenti umani, che difficilmente si possono dissimulare. L’amore in tutte le sue manifestazioni, la pietà, l’ammirazione, l’orgoglio danno adito alla commozione. La foraggiano le situazioni. Unica differenza è l’intensità e la diversa motivazione. C’è chi si emoziona alla laurea del figlio: ed è orgoglio. Chi al matrimonio della figlia: ed è amore. Chi all’echeggiare dell’inno nazionale: ed è patriottismo. E così via nel pleiotropico panorama della condizione umana. Capita anche a me. Come è ovvio, magari anche nella platea di un teatro, dove la scena ti prende e ti porta con sé, sulle ali dell’immaginazione e del sentimento. È la trama, che spesso calza con le tue vicende personali o che comunque le richiama, che trascina, inconsapevolmente, il tuo sentire nella voragine dell’insicurezza, della consapevolezza che il destino è tale, spesso iniquo, e che tu non puoi farci niente. Talvolta è l’interprete, al posto del quale vorresti essere, a sollecitare l’effetto commozione. Raramente, più di uno degli attori sulla scena. È quello che è successo, non più tardi di due sere fa, in un vecchio prestigioso teatro della nostra città. Non la trama, seppur profonda e nota, non le vicende umane ed i dialoghi, appropriati e piacevoli, non l’autore, di chiara e meritata fama, ma il collettivo degli interpreti, della regista, di quanti hanno partecipato a qualunque titolo alla realizzazione, hanno scatenato un sentimento mai provato, una sorta di piacevole commozione. Un collettivo mai visto. Attori di fama: assolutamente no! Dilettanti, quanto basta. Ma con una caratteristica inedita: tutti stranieri e di almeno dieci etnie diverse! Tutti allievi dell’Università per Stranieri. A recitare in italiano, con accento anglo-napoletano, russo-napoletano, rumeno-partenopeo e qualche inflessione indefinibile… e nientemeno che in un classico firmato dall’immenso Eduardo, De Filippo naturalmente! Un Natale in casa Cupiello, magistralmente ridotto, da brivido! Una interpretazione appassionata, vivace, senza discontinuità che, pure, sarebbero state perdonabili, una scenica movenza da far invidia agli abitanti di Fuorigrotta! Un coinvolgimento totale del pubblico, altalenante tra l’ammirazione per questi giovani splendidi, un testo adattato con maestria, la trama accattivante ed una novità che l’ha fatta da padrona. Non è possibile fare l’analisi del segreto del successo clamoroso ed incontestabile, ma certo è che l’afflato, lo spirito di gruppo, l’aver dimostrato che l’Arte unisce più di ogni altra cosa popoli, credenze e tradizioni diverse, hanno sconfitto ogni presupponibile difficoltà. Un successo non solo di Teatro, ma di vita. Un trionfo dell’idea e della positività, della semplicità senza fronzoli né festoni, senza grandi sprechi di denaro, ma con tanta profusione di amore, lealtà, cooperazione. Un bel messaggio affidato a questi ambasciatori della cultura italiana e delle bellezze, non solo turistiche, della nostra Città. E anche la gente ha mostrato di gradire. Perché ha capito. Perché si è commossa. Come me

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